NdA: su questo articolo non ci sarà MAI pubblicità per scelta, perché è un argomento che pretende attenzione e non può essere frammentato da pubblicità.
Oggi avrei voluto scrivere un bell’articolo
Oggi avrei voluto scrivere un bell’articolo sulla questione della violenza contro le donne, argomento che mi sta particolarmente a cuore per diversi motivi.
Avrei voluto ma confesso di non avere più parole. Quando sento ancora persone dall’età che non può giustificare arretratezza culturale usare parole gravi, quando vedo pubblicità che per vendere una caldaia (UNA CALDAIA) mettono la bella donna in abiti succinti per attirare lo sguardo degli uomini, quando leggo diatribe su approcci indesiderati che donne spiegano ad uomini grandi grossi e ben pasciuti come non graditi senza avere l’adeguato riscontro e leggo sul giornale degli (al plurale) ennesimi femminicidi.
Non ho più parole ma proverò comunque a scrivere qualcosa di utile.
Leggere ed informarsi sull’argomento aiuta.
Per questo motivo mi limiterò a suggerire di leggere qualche articolo e qualche buon libro in merito, così da provare ad ampliare i propri orizzonti e comprendere meglio perché, per fare un esempio, una pubblicità dove si mostra un culo per vendere del silicone NON è ACCETTABILE nel 2020, una pubblicità che per vendere un sistema di allarme deve mettere la sexy ladra, una pubblicità che per vendere una macchina deve mettere la solita donna cerebrolesa e di figura.
Perché ogni singola volta che il corpo di una donna viene oggettivizzato, come fosse una bistecca dal macellaio, si arma la mano del futuro assassino: un uomo che non ha superato la fase infantile in cui, se un giocattolo non può essere suo… allora lo distrugge.
La violenza si annida anche nelle immagini: l’uso improprio dell’immagine di una donna la rende oggetto agli occhi di chi guarda, giustificandone culturalmente il trattamento conseguente.
Le parole per dirlo
Ecco una puntata del programma RAI, che potete visionare seguendo il link al servizio RAIPlay di seguito, che parla delle discriminazioni nell’uso della lingua.
Ospite Michela Murgia, nota e valida scrittrice di origini sarde, esplora le diverse sfaccettature del parlare comune e delle insidie della nostra bella lingua:
La Cortellesi al David di Donatello del 2018
Qui un divertente esempio di come il linguaggio, che esprime il pensiero, possa in qualche modo essere sintomo di un malessere diffuso.
Perché proprio il 25 Novembre?
Di seguito il link alla pagina di Wikipedia, da cui estraiamo un saggio del contenuto, con diverse informazioni su questa giornata particolare.
“In molti paesi, come l’Italia, il colore esibito in questa giornata è il rosso e uno degli oggetti simbolo è rappresentato da scarpe rosse da donna, allineate nelle piazze o in luoghi pubblici, a rappresentare le vittime di violenza e femminicidio.”
Nello specifico il link porta alla motivazione della scelta della data:
Wikipedia – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
Il video della Polizia di Stato
Anche la Polizia di Stato ha realizzato e diffuso un video per spiegare alcuni concetti semplici ed elementari ed invitare le donne a sottrarsi alla violenza riconoscendo subito i segnali di pericolo.
Vi invito ad ascoltare con attenzione le parole usate, che non sono scelte a caso.
Quante Storie
Un altro video utile per approfondire l’argomento riguarda la puntata odierna del programma “Quante Storie” dal titolo “Il dovere dei media per la parità di genere”
Al minuto 13 e 36 secondi un pezzo dell’intervista a Cate Blanchett, in occasione dello Screen Actors Guild Award, dove l’attrice riprende il cameraman per aver spostato l’attenzione della telecamera sul suo corpo invece che sul suo volto.
La critica è molto puntuale “Fai questo con gli uomini? Cosa credi possa succedere di così affascinante la sotto?”
Avrei voluto scrivere un bell’articolo
Come dicevo avrei voluto scrivere un bell’articolo, parlando di “mansplaining” o “body shaming“, di come anche il linguaggio televisivo possa influire sull’evoluzione, o involuzione, culturale di un popolo.
Avrei voluto parlare del marketing stantio che ci rappresenta ancora tutte donne casalinghe e fissate con “la gocciaaaaaaaaaaa” mentre gli uomini meccanici che “a questo ci pensi tu che sei brava” quando si tratta di mettere un cerotto su una sbucciatura di un ragazzino.
Avrei voluto affrontare l’argomento del solito servizio di Costume & Società che apre l’8 Marzo con “Signora, ma suo marito l’aiuta in casa?”, come se la parità di genere ed il rispetto reciproco passasse per due calzini messi nel cesto dei panni sporchi da parte di lui e non per la presa di coscienza che la casa la devono gestire le persone che la abitano.
Avrei voluto parlare di emancipazione che passa per l’indipendenza economica delle donne, ancora troppo spesso ricattate sul lavoro e, di conseguenza, nella vita.
Ché non si può pensare che una relazione sia sana se nella coppia una delle due persone non può scegliere liberamente di porre fine ad un rapporto per mere ragioni economiche.
Ma in realtà avrei voluto, nel 2020, SMETTERE di dover parlare di rispetto e parità di genere, come si dovrebbe di un argomento appartenente al passato.
Invece sono qui a scrivere e non riesco a trovare da dove cominciare per affrontare un argomento complesso, articolato e così radicato che senza l’aiuto e la presa di coscienza di tutti non si potrà mai risolvere.
Per questo motivo vi lascio alle vostre riflessioni con l’aiuto delle risorse che ho condiviso.
Processo per stupro:
Arringa finale dell’avvocata Tina Lagostena Bassi
Vi lascio con questo ultimo video che merita di esser visto, il documento completo, che all’epoca fece un grande scalpore e venne rimandato in onda in prima serata a furor di popolo, è reperibile su youtube.
Processo per stupro, realizzato nel 1979, fu il primo documentario su un processo per stupro mandato in onda dalla RAI
Documentario integrale per come proposto a suo tempo dalla TV pubblica
Tina Lagostena Bassi, deputata della repubblica, tenne la difesa della vittima nel processo in oggetto.